
In attesa del fatidico 7 gennaio, data scelta dal Ministero dell’Istruzione per riaprire le scuole italiane, l’Italia si spacca sulla Dad (didattica a distanza). Da un lato Lucia Azzolina, Ministro all’Istruzione, che preme per la riapertura delle scuole, dall’altro i genitori e docenti a favore.
Il fronte del no, governativo, vede il sostegno del Premier Giuseppe Conte, del Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, del Ministro per gli Affari regionali e autonomie Francesco Boccia e del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, che parla di fantomatici incrementi dei trasporti locali, smentiti più o meno quotidianamente dai pendolari che denunciano l’opposto sulle pagine locali di Facebook.
In tutto questo, il 31 dicembre, con 23.477 nuovi contagi e 17.421 guariti, il Viminale ha comunicato il sì dei prefetti al ritorno alla scuola in presenza, come da nota AGI.
Nella stessa data, tuttavia, l’ISS, Istituto Superiore di sanità, ha redatto un report che si conclude con la dichiarazione sibillina “L’impatto della chiusura e della riapertura delle scuole sulle dinamiche epidemiche rimane ancora poco chiaro”.
Il fronte del sì sta crescendo a livello nazionale con varie petizioni e con ricorsi al TAR. Ecco i suoi sostenitori:
il professor Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano e docente all’università Statale, che ipotizza la terza ondata con la riapertura delle scuole;
Vincenzo De Luca, Presidente della Regione Campania che, come riporta l’Ansa, non le manda a dire: “Sento che si parla della riapertura dell’anno scolastico il 7 gennaio, queste sono cose che mi fanno impazzire. Come si fa a dire ‘si apre’ senza verificare il 3, il 4 gennaio la situazione? In Campania non apriamo tutto il 7“;
il sindacato Unsic, Unione Sindacale Imprenditori e Coltivatori della regione Calabria, che ha coordinato un appello che ha raggiunto oltre 57.000 firmatari in tutta Italia (https://www.change.org/p/lucia-azzolina-superiori-in-dad-anche-dopo-il-7-gennaio-2021?redirect=false);
Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto, che esprime le sue molteplici perplessità in un’intervista a La Repubblica.
Frattanto, TPI riporta di uno studio inglese dell’Imperial College, secondo cui la variante inglese è maggiormente aggressiva nella fascia d’età tra 0 e 19 anni, mentre il CTS fa suo uno studio europeo secondo cui gli istituti scolastici non costituiscono un luogo pericoloso per il contagio. Tuttavia, come scoperto dalla professoressa Cecilia Fontanella e come commentato dall’utente Facebook Roberto Alvino, “l’Italia non ha inviato alcun dato all’EDC (Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie). Il nostro paese, infatti, non è tra i 12 membri UE che hanno inviato i dati (Nota 1, pagina 10). E il CTS (comitato tecnico-scientifico) italiano ha deciso di ritenere valido lo studio europeo anche per l’Italia, a prescindere”.
Anna Rita Canone
