Napoli: chiesa Santa Maria Donnaregina Vecchia

L’estate finalmente è arrivata, l’aria ancora tiepida è piacevolmente invitante per le passeggiate in città all’aperto. Così mi premuro focalizzare anch’io l’attenzione alle meraviglie di una grande metropoli, che è la bella Napoli. Città unica e strana, fatta di eccessi senza misure e di incredibili contrasti, di bello e di brutto, di verità e di menzogne, di fede e di credenza, di culto e di mistero e naturalmente di storia  e tanta, tanta cultura. Incamminandosi per le strade del centro storico, dove ogni pezzo di pietra equivale a un autentico tesoro. I monumenti, i palazzi con il peculiare aspetto napoletano hanno conservato  in perfetta armonia la contaminazione  di altre culture europee e dei paesi limitrofi, che ivi si sono  succeduti.

Nei pressi della Curia Arcivescovile di Napoli si trova un antichissimo monumento gotico del XIII. sec., che  annuncia i rapporti stretti tra  l’Ungheria e il Regno di Napoli già dal Medioevo. La Chiesa Santa Maria Donnaregina vecchia, viene già citata in un documento rinvenuto del 780  come San Pietro del Monte di Donna Regina, che è da non confondere con la così detta “nuova” costruita nel ‘600, che sembra essere eretta dalle pietre del vecchio fondamento, della Chiesa “vecchia”, la quale custodisce fedelmente la storia e la vita di Maria d’Ungheria, figlia di Re Stefano V, divenuta nel 1270 regina consorte di Carlo II D’Angiò di Napoli, quando ci arrivò in pompa magna per celebrare le nozze solenni. Maria giunse come moglie promessa nella corte angioina di Napoli, da un paese dell’Europa centrale, forte e invincibile, governato da un antico Casato dei discendenti del principe Árpád, chiamato anche la dinastia Arpadiana, spesso citata anche la dinastia dei re Santi. Tutti i Re ungheresi, già dall’anno 1001, dalla fondazione dello Stato della Santa Hungarica, governavano nel bacino dei Carpazi per uno stato stabile e fiorente, con profonda fede e coscienza. Maria d’Ungheria porta con sé questi principi, insieme alla qualità umana più elevata, ovvero l’intelligenza e la profonda devozione alla fede ed alla religione, che determineranno la Sua totale abnegazione nei confronti del Regno e del proprio ruolo di regnante.  La Chiesa trecentesca è uno dei tesori più importanti del periodo medievale, che appunto evoca il nome della Santa Regina, è mera testimonianza della Sua inclinazione  all’arte e alla vita ecclesiale, tutte caratteristiche, con le quali Lei ha reso Napoli un centro di Cultura e di Arte. Bellissimo è l’interno della chiesa gotica, di cui le altissime mura  risalgono in alto fino alle volte della cupola, dove i due stemma reali  divisi nel loro  scudo, quello della casa Arpadiana  su campo rosso con le quattro fasce bianche dell’Ungheria  e l’altro  del  casato  francese  con i gigli d’oro degli Angioini su campo azzurro,  sembrano  fondersi in uno. Non lontano dall’abside, si trova il monumento funebre della Regina, opera di Tino Caimano, celebre artista senese, che scolpì di marmo  la figura graziosa di Maria con  i lineamenti  delicati del volto. Al piano superiore della chiesa, dove le suore dell’ordine  Clarissa si riunivano in grande silenzio, rigorosamente separate dal mondo esterno  per le loro preghiere, si ammirano  le pareti  affrescate  da ricche opere figurative , fatte dal noto pittore, mosaicista romano, Pietro Cavallini, queste iconografie  rappresentano i più grandi santi cattolici in assoluto, come Santo Stefano, Santa Elisabetta,  San Ladislao e via così. La visita in questa Chiesa è un’assoluta immersione nella storia e nell’arte, per conoscere altri monumenti importanti di questo periodo, si segnala con piacere la futura pubblicazione anche in lingua italiana, scritto  da una pregevole studiosa ungherese di storica dell’arte, con il titolo “Ricordi ungheresi del medioevo a Napoli”.                                                                                                                    

Judith Jambor

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