Fouad Baamarouf cittadino italiano

Fouad e Raffaella Piccolo

Monselice (PD), 07 aprile. Ce l’ha fatta: a 4 anni dall’istituzione della pratica, Fouad Baamarouf ha finalmente ottenuto la cittadinanza italiana.

La sua forte ostinazione, talvolta irritante in chat, è stata la carta vincente, aiutato anche da 2 donne: l’amica Vania Gasparini e l’avvocatessa Valeria Lunardi.

Fouad è un uomo di 49 anni che vive a Monselice (PD), conosciuto per caso su Facebook. Il suo nome è legato a un fatto di cronaca internazionale di un certo spessore: nel 2015 scopre che il fratello Adil, convivente, simpatizza per l’ISIS. Fouad non ha dubbi sul da farsi e lo denuncia: il fratello viene espulso, per Fouad inizia una lunga battaglia per avere casa, vinta anche grazie a un appello su una nota piattaforma online.

In chat si va dai gatti alla musica, passando per sport, politica (idee convergenti sulla totale disillusione), Ramadan, cultura araba, cucina, si scherza: “Quasi quasi faccio un harem e metto anche te. Poi do i cammelli a tuo marito. Se sposo tua figlia, vi riempio casa di tanti piccoli Mohamed e Fatima e voi fate i nonni felici”.

Fouad viene da una famiglia povera, cresciuto in una caserma in Marocco. La madre ha cercato sempre di difendere lui e i suoi sei fratelli dal padre violento e proprio l’amore verso la madre lo ha spinto a studiare giurisprudenza: “Ognuno di noi ha preso la sua strada, io ho scelto di studiare, essere avvocato, difendere mamma quando sarei stato grande, liberarla dalla schiavitù, dalle botte e dall’umiliazione.

Dopo la laurea, non avendo trovato lavoro, sono venuto in Italia clandestinamente, per aiutarla assieme ai miei fratelli: è dal 2000 che lavoro e ho mandato soldi, facendo sacrifici, prima a lei e poi alla mia sorella minore, da poco sposata. Mio fratello aveva seguito la strada sbagliata, che ha rovinato sia lui che noi in famiglia, era simile a mio padre: duro di carattere, non sorride mai, ce l’ha con il mondo intero.

Io non sono così, avevo sognato di costruire un futuro, una vita, una famiglia, ma per me non c’era mai nulla, ho trovato sempre porte chiuse, gente maligna che non sa cosa significhi la parola umanità. Qui in Italia devo tutto a tre donne e, prima o poi, vi porterò a cena. Voi mi avete spronato per la cittadinanza italiana e sostenuto in questi anni”.

Anna Rita Canone

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