Italia, la povertà “invisibile”

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Quando si parla di povertà, in genere, si pensa a determinati Paesi o a determinate situazioni. All’estero, specie i non europei, faticano a credere che l’Italia si stia impoverendo sempre di più. Stentano a credere che si arrivi a malapena a fine mese, con stipendi invariati (i più bassi d’Europa) a fronte di aumenti spropositati su tutto: affitti, cibo, tasse, sanità, trasporti, servizi, il lavoro che non c’è…

La guerra ucraina, alle porte d’Europa, certamente non aiuta e i rincari cominciano a pesare sulle famiglie. Un cittadino medio, ormai, deve fare bene i conti in tasca anche se va a fare la spesa alimentare, scegliendo attentamente cosa comprare e a cosa poter (o dover) rinunciare.

Saper scrivere e “vedere” a volte sono doni e l’amico Emiliano Miliucci li ha, sicuramente. Non è un economista, non è un sociologo, non è un politologo, ma è un attento (e talvolta scanzonato) osservatore della realtà quotidiana. Un suo post su Facebook descrive in modo chiaro la triste realtà italiana, che ormai sta prendendo piede sempre più.

Vale la pena leggerlo tutto:

“In coda al supermercato davanti a me c’è una signora sulla settantina.

Poggia la spesa sul nastro tenendo le cose in due gruppi tra loro separati e riponendo quel che ha comprato in due distinte borse seguendo un suo preciso filo logico.

La signora pare avere molta confidenza con la cassiera e sfrutta quel momento per dar sfogo ad alcune sue preoccupazioni:

Le cose le divido in due buste. Questa di qua è per mia figlia… quella testona. Vorrei darle dei soldi ma è troppo orgogliosa. Come suo padre.

La cassiera dal canto suo annuisce comprensiva. Con la faccia di chi, soprattutto in questo periodo, ne sta sentendo parecchie.

La vecchina insiste:

– L’azienda dove lavora mio genero dopo il Covid è entrata in difficoltà. Lo pagano a spizzichi e bocconi. Mia figlia lavora. Ma già stavano in equilibrio precario prima. Ora con tutti questi aumenti ho l’impressione che non sappiano più dove sbattere la testa. Mia figlia non me lo dice che non vuol darmi pensieri. Eh… ma io lo capisco. L’ho partorita io a quella… certo neanche noi navighiamo nell’oro. Ma come faccio a non aiutarla? Allora con la scusa che vengo al supermercato le faccio un po’ di spesa. Gliela lascio su tavolo e le dico di ridarmi i soldi la prossima volta.

La cassiera è rapida nei movimenti. Ma ha uno sguardo comprensivo.

E infine:

– Vabbè… a me piacevano tanto le gocciole al cioccolato. Ma non le compro più. Risparmio qualcosina per aiutare di più mia figlia. Che le gocciole a me fanno anche male…

La vecchina s’è allontanata scusandosi per lo sfogo.

E ‘sto Paese diventa sempre più così.

Un Paese di ex giovani che per quanto si impegnino tra una sfiga e una congiuntura maligna non ce la fanno ad andare avanti.

E i genitori, ormai vecchi, come unico reale ammortizzatore sociale sul quale fare affidamento.

E la dignità di una povera mamma. Pronta a strapparsi via un pezzo di una pensione probabilmente già misera pur di togliere un pensiero alla figlia.

Pur dovendo, dopo una vita di sicuri sacrifici, rinunciare anche alle gocciole al cioccolato…”

La cruda semplicità di questo post riesce a cogliere, meglio di tanti trattati di economia, ciò che l’Italia sta vivendo in questi anni: la classe politica non riesce a capirlo, nicchia e la gente va in malora.

Anna Rita Canone

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