Marcianise, 8 ottobre. La Croce di Cutro, portata dal MASCI di Capua (la sigla identifica gli Adulti Scout), è arrivata alla Parrocchia Santa Maria della Sanità. Portata domenica in processione ed esposta con il simulacro della Madonna di Pompei, resterà in chiesa tutta la settimana.

La Croce ha una storia drammatica, legata a una tragedia del mare avvenuta lo scorso febbraio, nella notte tra il 25 e il 26.
Un’imbarcazione proveniente dalla Turchia, con mare tra forza 4 e forza 5, si è spezzata in 2, per poi rovesciarsi e frantumarsi nei pressi di Steccato di Cutro, provincia di Crotone. Molte vittime tra i 180 passeggeri: il rapporto del 16 aprile parla di 94 morti accertati e diversi dispersi.
I naufraghi sono stati soccorsi inizialmente da due pescatori locali, allertati dal rumore e dalle grida. Accorsi volontari e carabinieri, hanno fatto del loro meglio per salvare i vivi e recuperare i cadaveri. Il sistema dei soccorsi ufficiali, intanto, ha fallito miseramente, con un rimbalzo di responsabilità e versioni lacunose.
La Croce è stata costruita dall’artista Maurizio Giglio con i resti del barcone, su iniziativa di don Francesco Loprete, sacerdote dell’arcidiocesi di Crotone – Santa Severina, affinché il ricordo di questi innocenti (uomini, donne e bambini) non vada perduto.
La Croce ha un braccio più lungo dell’altro: nell’intento dell’artista, Gesù allunga un braccio per salvare l’umanità.
L’opera, partita da Cutro, è già stata ospitata in altre comunità.
“Come cristiani non possiamo non farci carico della storia, che attraversa le coste del Mediterraneo, ormai diventato cimitero senza limiti e senza confini” dice don Raffaele D’Agosto, il parroco.
“Questa croce fa venire i brividi per quello che è successo a febbraio scorso. Ci parla di fragilità, ma di fragilità non accolta, di fragilità vista come qualcosa da cui disimpegnarci, come qualcosa da negare. Fino a che la nostra fede sarà vissuta come una esperienza che riguarda solamente la mia storia personale o il mio rapporto personale con Dio, sarà una fede monca e forse non sarà neanche degna di essere chiamata fede, ma sarà bisogno religioso. Non possiamo voltare la faccia dall’altra parte”.
Anna Rita Canone

